IL PRETORE
   Sciogliendo la riserva che precede;
                             O s s e r v a
   Stefano Ponza Di San Martino ha promosso  esecuzione  presso  terzi
 nei  confronti  di  Vittorio  Lazzareschi, pignorando il quinto della
 pensione a quest'ultimo corrisposta  dal  Ministero  del  tesoro,  di
 importo  pari  a  L. 1.693.304 mensili, per il recupero di un credito
 non alimentare, ne' derivante dal pregresso rapporto di  lavoro,  ne'
 tributario,  e  quindi  non  ricompreso  tra  quei  crediti di cui e'
 consentito il pignoramento dall'art. 2, d.P.R.  5  gennaio  1950,  n.
 180.
   Il  Lazzareschi  ha  proposto  opposizione,  deducendo  la generale
 impignorabilita' della pensione prevista  dall'art.  1,  decreto  del
 Presidente  della Repubblica cit., salvo le eccezioni sopra elencate,
 e questo  giudicante  ha  disposto  la  sospensione  dell'esecuzione,
 attesa  la  indubbia  fondatezza  in punto di diritto della eccezione
 proposta.
   Nel giudizio di opposizione il convenuto creditore pignorante si e'
 costituito sollevando questione di legittimita' costituzionale  delle
 norme  citate, per contrasto con l'art. 3 della Carta costituzionale,
 e la questione  appare  rilevante,  in  quanto  da  essa  dipende  la
 decisione  della  opposizione  ad  esecuzione,  e  non manifestamente
 infondata, per cui ritiene questo giudicante di dover  rimettere  gli
 atti  alla  Corte  costituzionale perche' valuti la conformita' delle
 norme denunciate agli art. 3 e 24 della Costituzione, nella parte  in
 cui  non  consentono  la  pignorabilita',  nel  rispetto del generale
 liinite del quinto previsto dall'art. 545 c.p.c. per le retribuzioni,
 anche delle pensioni.
   La questione e' gia'  stata  sollevata  in  passato,  decisa  dalla
 Consulta   con   la   pronuncia   n.   55  del  6  febbraio  1991,  e
 successivamente  dichiarata  inammissibile  con  le   ordinanze   nn.
 447/1994   e   221/1995,   ma  ritiene  questo  giudicante  di  dover
 sollecitare il riesame della questione,  sia  in  considerazione  del
 mutato  assetto normativo derivato, nella inerzia del legislatore, da
 alcune fondamentali decisioni della Corte costituzionale in relazione
 alla pignorabilita' di retribuzioni ed indennita' dovute in occasione
 della  cessazione del rapporto di lavoro, sia in considerazione della
 mutata realta' socio economica.
   Attualmente, a  seguito  dell'intervento  adeguatore  sopra  citato
 (Corte  costituzionale  nn.  89/1987,  878/1988, 1041/1988, 572/1989,
 115/1990,  340/1990,  99/1993):  A)  non  vi  e'  alcun  limite  alla
 pignorabilita',   nei   limiti   di   cui  all'art.  545  c.p.c.,  di
 retribuzioni ed indennita' dovute in occasione della  cessazione  del
 rapporto  di  lavoro;  B)  non  vi  e'  alcuna  differenziazione  tra
 lavoratori privati e pubblici; C)  le  pensioni,  sia  pubbliche  che
 private,  sono  pignorabili  nei  limiti di cui all'art. 2, d.P.R. n.
 180/1950. Resta ferma la generale impignorabilita' delle pensioni per
 tutti gli altri crediti, e tale  limitazione,  ad  avviso  di  questo
 giudicante,  appare  in  contrasto  con gli art. 3 e 24 Cost., ove si
 consideri la generale pignorabilita' delle  retribuzioni  nel  limite
 del quinto.
   Vi  e'  una  palese  disparita'  di  trattamento, quanto a garanzia
 patrimoniale nei confronti dei creditori, tra il debitore  percettore
 di  una  retribuzione  e  quello  che percepisce una pensione, e tale
 disparita'  di  trattamento  non  pare  giustificabile,  puramente  e
 semplicemente,  con  il  richiamo  alla  funzione previdenziale della
 pensione, che giustificherebbe  una  disparita'  di  regolamentazione
 delle  due  fattispecie,  come  affermato  in Corte costituzionale n.
 55/1991.
   La indubbia natura previdenziale della pensione, di  per  se',  non
 costituisce  in alcun modo indice di condizioni patrimoniali difformi
 e deteriori del percettore di  pensione  rispetto  al  percettore  di
 retribuzione,  ove,  come  nel  caso  di  specie,  la  pensione venga
 corrisposta a  seguito  di  regolare  contribuzione  in  costanza  di
 rapporto  di  lavoro;  al contrario, non sono infrequenti trattamenti
 pensionistici ben piu' cospicui di tante retribuzioni.
   In altri termini, non e' la semplice qualifica  di  pensionato  che
 appare sufficiente ad esonerare il debitore dalla sua responsabilita'
 patrimoniale,  e giustificare tale diverso trattamento con la diversa
 natura del reddito appare una tautologia;  appare  invece  necessario
 chiarire  per  quali  motivi  tale  trattamento di favore del reddito
 pensionistico possa ritenersi conforme ai principi costituzionali.
   Vi sono peraltro pensioni che hanno natura di  "alimentarieta'"  in
 senso  lato,  o  comunque  carattere  assistenziale,  e  valutera' la
 Consulta se e'  possibile  salvaguardare  le  esigenze  assistenziali
 poste alla base di tali prestazioni: ad esempio potrebbe individuarsi
 un  limite  minimo  di impignorabilita' costituito da un importo pari
 alla pensione sociale.
   La  violazione  dell'art.  24  Cost.,  in  relazione  al   generale
 principio di cui all'art. 2740 c.c., si apprezza ove si consideri che
 attualmente   chi   vanta  crediti  pecuniari  nei  confronti  di  un
 pensionato   vede   limitata   la   sua   possibilita'   di    tutela
 giurisdizionale rispetto a tutti gli altri creditori.
   La norma denunciata appare in definitiva superata ed anacronistica,
 in  quanto  ispirata  ad  una  concezione della pensione come reddito
 minimo, residuale, e  quasi  di  sussistenza,  mentre  nella  realta'
 contemporanea  il  reddito  da  pensione  tende  ad acquistare sempre
 maggiore  rilevanza  ed  entita',  per  una  serie  di  fattori  come
 l'aumento  della  speranza di vita ed il ritiro dal lavoro di un gran
 numero   di   soggetti   che  possono  vantare  pensioni  di  importo
 relativamente elevato, del tutto paragonabili a redditi di lavoro.
   Non va infine sottovalutato l'emergere di fenomeni  nuovi  come  la
 previdenza   integrativa,   che  rendono  sempre  piu'  difficilmente
 sostenibile l'esistenza di una sorta di  "zona  franca"  rispetto  al
 generale   principio  della  responsabilita'  con  tutto  il  proprio
 patrimonio